Siamo nel cuore del parco agricolo lungo la via Panoramica (un tempo via della Cavera), la strada è costeggiata lungo il lato est da una sponda inerbita che è parte dell’Habitat 6210: Formazioni erbacee seminaturali costituite da piante perenni a dominanza di graminacee emicriptofitiche, talora interessate da una ricca presenza di specie di Orchideaceae. Come tipico delle strade di campagna qui vi era un vecchio viale di ciliegi oggi sostituiti da ciliegi di varietà autoctone.

Lungo la sponda a primavera si nota una bella fioritura di Tulipano rosso spontaneo (Tulipa oculus-solis St. Amans Nome comune: tulipano rosso) pianta bulbosa alta 15-40 centimetri, fiorisce in marzo-aprile. Specie originaria dell'Asia occidentale e coltivata e naturalizzata nell'Europa centro-meridionale. Nella regione vive in campi e cigli stradali erbosi dalla pianura fino a circa 800 metri.

Ammirali, fotografali ma non raccoglierli!

La via della Cavera
Costruita nel XIII secolo e rimasta in uso fino al 1813, prende il nome dalla presenza di una cava di selenite e gesso “cavera” (cava di estrazione) che era fra la Cà Bianca ed il sovrastante borgo di Gesso (ora det¬to anche “dei Gessaroli”) situata lungo il suo percorso.
Tracciata a partire dal 1262 per creare una via dalla Toscana alternativa ai percorsi di crinale e sorvegliare il Reno, lungo cui fluitavano i blocchi di legname destinati alla città di Bologna, la strada lungo la sponda destra del fiume declinò progressivamente a favore dei percorsi sulla sponda opposta, situati su un terreno meno scosceso, e fu abbandonata dopo la costruzione della Porrettana nel 1813.
Questa via partiva da Vizzano, toccava La Tomba (termine medioevale che indica una fattoria fortificata, con abitazione, magazzini e stalle) La Casetta, Ragazzon, la Cà Bianca, fino alla Chiesa di S. Martino, attraverso quella che ora è via Panoramica entro il Parco della Chiusa ma che fino all’inizio del secolo scorso, era la pubblica via della Cavera.

Il percorso da Vizzano a Casalecchio
I bolognesi lo vollero fortemente perché, oltre a semplificare il transito, permetteva un controllo costante delle sponde del fiume, le cui acque erano utilizzate per la fluitazione del legname tagliato nei boschi dell’Alto Appennino e fatto derivare, mediante la corrente del Reno, fino alla Chiusa di Casalecchio.